L'epistolario ignaziano, Roma : Società anonima libraria, 1925.

AGLI EFESINI

Ignazio, che ha nome anche Teoforo, alla Chiesa che risiede in Efeso d'Asia, benedetta nella grandezza e nella pienezza di Dio Padre, predestinata prima de' secoli a gloria sempiterna e ad immutabile unità; eletta, in virtù della reale passione di Gesù Cristo, dalla volontà del Padre e di Gesù Cristo Dio nostro; molti saluti ed auguri di perfetta letizia in Gesù Cristo. Ho ricevuto in Dio il tuo nome molto amato, nome che voi possedete in grazia del vostro retto sentire nella fede e nell'amore in Cristo Gesù, Salvator nostro; voi, imitatori di Dio, rinvigoriti dal suo sangue, avete effettuato in modo mirabile l'opera fraterna; poiché, appena udiste che io venivo dalla Siria, incatenato per il nome comune e la comune speranza, confidando, in virtù delle vostre preghiere, di giungere a lottare con le belve a Roma per divenire discepolo, vi affrettaste a venirmi a vedere; fu così che, nel nome di Dio, ricevetti, nella persona di Onesimo, ineffabile per l'amore, vostro vescovo nella carne, la gran moltitudine di voi; e faccio voti perchè l'amiate in Gesù Cristo, e siate tutti simili a Lui; sia benedetto Colui che concesse di possedere un tal vescovo a voi che ne siete degni. Quanto poi al mio conservo Burro, vostro diacono secondo Dio, fra tutti benedetto, io faccio voti perchè perduri nella stima vostra e del vescovo; e Croco, degno di Dio e di voi, che accolsi come simbolo dell'amore che mi portate, mi fu di gran conforto in tutto: così dia a lui refrigerio il Padre di Gesù Cristo, unitamente ad Onesimo, a Burro, Euplo e Frontone; attraverso i quali io vidi voi tutti in virtù dell'amore; potessi goder di voi per sempre, se pur ne son degno! Conviene pertanto che voi ad ogni modo rendiate gloria a Gesù Cristo, il quale, a sua volta, vi ha glorificato, sì che, saldi e ordinati in un'unica sottomissione, obbedendo al vescovo e al collegio dei presbiteri, siate del tutto santificati. Non v'impartisco ordini, come se rappresentassi qualcuno: che se pur mi trovo in ceppi per la mia professione cristiana pure non sono davvero perfetto. Appena ora comincio ad esser discepolo, e come a miei condiscepoli mi rivolgo a voi. Poiché è da voi che mi doveva venire il corroboramento nella fede, nel consiglio, nella tolleranza, nella longanimità! Ma siccome l'amore che nutro per voi non mi permette di tacere, così ho cominciato con l'ammonirvi, perchè possiate correre insieme con me secondo la volontà di Dio Gesù Cristo, nostra forza vitale, da cui non c'è concesso separarci, è il volere del Padre, come i vescovi, istituiti sino agli estremi limiti della terra, operano secondo la volontà di Gesù Cristo. Perciò è necessario che voi corriate secondo la volontà del vescovo, come del resto fate: il vostro collegio dei presbiteri, venerando, degno di Dio, aderisce al vescovo come le corde alla lira, e così dal vostro concorde amore s'eleva un canto a Gesù Cristo. Tutti uniti gli uni agli altri, siate un coro, così che, in concorde armonia, assumendo, in virtù della vostra unione, il tono di Dio, ad una sola voce innalziate un canto al Padre per bocca di Gesù Cristo. Egli vi sentirà e riconoscerà, dal vostro virtuoso operare, che siete membra del suo Figliuolo. E quindi per voi salutare la perfetta unione, per far parte di Dio. E se io in sì breve tempo ho acquistato familiarità — non umana, ma spirituale — col vostro vescovo, quanto di più non debbo ritener felici voi che gli siete strettamente uniti come la Chiesa a Gesù Cristo, e Gesù Cristo al Padre, così che tutto si fonda armonicamente nell'unità? Però, che nessuno s'inganni: chi non è nel recinto dell'altare, è privato, per questo, del pane di Dio; se ha tanta potenza la preghiera di uno ο di due, quanto maggiore non ne avrà quella del vescovo e di tutta la Chiesa? Chi non partecipa alle adunanze dei fedeli, è gonfio di superbia e pronuncia da sè la sua condanna; poichè è scritto: «Iddio resiste ai superbi». Cerchiamo dunque di non venire a contrasto col vescovo, se vogliamo esser sottoposti a Dio. Quanto più vedete il vescovo silenzioso, tanto più siate riverenti di fronte a lui. Chiunque il padrone di casa voglia inviare a governare la sua famiglia, deve esser accolto come il mandante stesso. E’ chiaro dunque che il vescovo va considerato come il Signore. Lo stesso Onesimo esalta la vostra disciplina in Dio, [attestando] che vivete secondo lo spirito di verità, e che in mezzo a voi non alligna l'eresia; che non ascoltate nessuno più di lui, dal momento che Gesù Cristo parla per sua bocca veracemente. Sono soliti, taluni, portare in giro il nome di Dio con malvagio intento di frode, e intanto agiscono in maniera indegna di Lui: sfuggite costoro, come fiere; sono cani rabbiosi che mordono furtivamente; guardatevene perchè il male di cui sono affetti è difficilmente curabile. Uno solo è il medico, carnale e spirituale, generato e ingenerato, Dio nella carne, vita vera nella morte, nato da Maria e da Dio, già passibile, ora impassibile, ed è Gesù Cristo il Signor nostro. Che nessuno v'inganni, dunque; e difatti non vi lasciate ingannare, perchè appartenete tutti a Dio. La vostra vita è conforme a Dio quando nessuna contesa insorge fra voi a tormentarvi. Io sono il vostro olocausto, e m'immolo per voi, Efesini, per la vostra Chiesa celebrata nei secoli. Gli uomini carnali non compiono le opere dello spirito, nè gli spirituali quelle della carne, come la fede non compie le opere dell'incredulità, nè l'incredulità quelle della fede. Anche ciò che fate secondo la carne, è spirituale, perchè voi fate tutto in Gesù Cristo. Ho saputo che son passati costì alcuni professanti una perversa dottrina; voi però non avete permesso loro di seminarla tra voi, chè anzi vi siete atturate le orecchie per non ricevere il frutto della loro seminagione. Siete, infatti, pietre del tempio del Padre, preparati per l'edificio del Dio Padre, sollevati dalla macchina di Gesù Cristo che è la croce, e vi servite, come fune, dello Spirito Santo. E la fede che vi trae in alto, è l'amore la via che vi conduce a Dio. Siate dunque tutti compagni dello stesso cammino, portate in voi Dio e il suo tempio, Cristo e le cose sante,fate dei precetti di Dio l'unico ornamento vostro. Io son pieno di allegrezza, perchè sono stato ritenuto degno, io che vi scrivo, di conversare con voi e di congratularmi per il fatto che amate soltanto Dio, in vista di un'altra vita. Pregate ininterrottamente per gli altri uomini, perchè c'è speranza che si ravvedano e giungano anch'essi fino a Dio. Pertanto adoperatevi a che essi ricevano un ammaestramento dalle vostre azioni; miti di fronte alle loro ire, umili al confronto delle loro millanterie; opponete preghiere a maledizioni; mantenetevi incrollabili nella fede dinanzi al loro errore, mostratevi dolci per quanto essi sono aspri, mai curando di ricambiarli imitandoli. Dobbiamo apparire loro fratelli per la nostra dolcezza, ma soltanto il Signore sia il nostro modello da imitare; chi infatti ebbe a soffrire onta maggiore, chi maggiori privazioni, chi fu di lui più oggetto di sprezzo? Procurate che non si trovi mai in mezzo a voi erba del demonio, mantenetevi piuttosto fedeli a Cristo, in tutta santità e saggezza, così nella carne che nello spirito. I tempi volgono al termine: ormai non ci resta che venerare, e guardare con timore la longanimità di Dio, perché non ci sia volta a condanna; una delle due, ο temiamo l'ira ventura, ο amiamo la grazia presente: sol che appaia manifesto che apparteniamo a Gesù Cristo in vista della vita vera. Nulla sembri conveniente a voi, senza Colui per amor del quale porto le catene, mie perle spirituali; per questo spero che mi sia concesso di risorgere in virtù delle vostre preghiere! Potessi sempre parteciparne, nella speranza di condividere l'eredità dei Cristiani di Efeso, che sempre vissero in armonia con gli apostoli, nella potestà di Gesù Cristo! So chi son io e chi sono coloro ai quali scrivo: io condannato, mentre voi avete ottenuto misericordia; io esposto al pericolo, voi invece, sicuri. Voi siete il transito, per cui passano coloro che affrontano la morte per andare a Dio, voi compartecipi delle rivelazioni di Paolo santificato e provato, meritamente beato, sulle cui tracce vorrei trovarmi, quando raggiungerò Dio, Paolo che vi ricorda, in Cristo Gesù, in tutte le sue lettere. Cercate di radunarvi più di frequente per [celebrare] l'eucarestia e glorificare Dio, giacché se vi riunite spesso, le forze di Satana si annullano, e nella concordia della vostra fede fallisce la sua azione rovinosa. Non v'è niente di meglio della pace, nella quale si compone ogni lotta di potenze celesti ο terrene. Nessuna di queste verità vi rimarrà nascosta, se nutrirete, di fronte a Gesù Cristo, una fede e un amore perfetti; fede e amore che sono il principio e la fine della vita; la fede è il principio, l'amore è la fine. Le due virtù unificate sono Dio, e tutte le altre le seguono in vista della perfezione. Chi annunzia la fede non pecca nè odia, perchè possiede l'amore; l'albero si conosce dal frutto; così coloro che dichiarano di appartenere a Cristo, saranno riconosciuti dalle opere. E ormai non è più il caso di far professioni di fede: ma di dar prova sino alla fine della capacità della (propria) fede. E’ meglio appartenere a Cristo tacendo, piuttosto che appartenergli soltanto a parole. È bene insegnare, ma a condizione di praticare i propri insegnamenti: uno solo può dirsi maestro, « colui che disse e fu fatto »: ciò che fece tacendo è opera degna del Padre. Colui che ha fatto propria la parola di Gesù può anche ascoltare il suo silenzio, sì da divenire perfetto; in tal modo praticherà le opere di cui parla e sarà riconosciuto per quelle di cui tace. Nulla rimane nascosto al Signore: anzi tutti i segreti nostri sono a Lui svelati. Cerchiamo di comportarci come se Egli avesse in noi la sua dimora» sì che noi siamo suoi templi, ed Egli dentro di noi nostro Dio; ciò si verifica in realtà e ci apparirà manifesto in ragione dell'amore che debitamente nutriamo per Lui. Non vi lasciate sedurre, fratelli miei: coloro che seminano la rovina nelle famiglie non erediteranno il regno di Dio. E se coloro che furono rei di tal colpa nella carne s'ebbero in punizione la morte, quanto più sarà meritevole di tal pena chi corrompe con perverse dottrine la fede di Dio, per la quale fu crocifisso Gesù Cristo? Un uomo sordido di sì gravi peccati, andrà nel fuoco inestinguibile, e chi l'ascolta seguirà la sua sorte. Per questo il Signore ricevette l'unguento sul capo: perchè esalasse sulla Chiesa il profumo dell' incorruttibilità. Non vi ungete dello sgradevole odore che esala la dottrina del principe di questo secolo, sì che, resivi schiavi, non vi sottragga alla vita che vi è schiusa dinanzi. Perchè non siamo saggi, noi che abbiamo ricevuto la cognizione di Dio che è Gesù Cristo? Perchè ci perdiamo scioccamente, disconoscendo il dono che realmente ci inviò il Signore? Del mio spirito faccio olocausto a quella croce, che è motivo di scandalo per gli increduli, ma per noi è salvezza e vita eterna. Dov'è il saggio? Dove il disputatore? Dove il vanto di coloro che si dicon sapienti? Il nostro Dio, Gesù Cristo, fu portato in seno da Maria, secondo il disegno di Dio, uscito dal seme di David, ma per virtù di Spirito Santo: egli che nacque e fu battezzato, per purificare l'acqua con la sua passione. Il principe di questo secolo ignorò la verginità di Maria e il suo parto, come pure la morte del Signore: tre misteri di grido che si compirono nel divino silenzio. Come dunque furono rivelati ai secoli ? Un astro rifulse sopra tutti gli altri nel cielo: la sua luce era indescrivibile e la novità della sua apparizione colpì di stupore la gente; tutti gli astri insieme col sole e con la luna formarono un corteggio a quell'astro, che li vinceva tutti per la sua luce. Grande fu la confusione [per sapere] donde venisse agli uomini quella novità inattesa. Allora fu distrutta ogni magia, si spezzarono i vincoli della malvagità; scomparve l'ignoranza, e l'antico regno andò in rovina, quando Dio comparve in veste umana per instaurare la nuova economia della vita eterna: s'iniziava il piano già effettuato nella mente di Dio; e tutto si sconvolse perchè si meditava la distruzione della morte. Se Gesù Cristo me ne riterrà degno, in grazia delle vostre preghiere, e se sarà questa la sua volontà, nel secondo libricciuolo che ho intenzione di scrivervi, continuerò a spiegarvi, come ho già cominciato, il piano divino relativo al nuovo uomo Gesù Cristo, per quanto concerne la sua fede e il suo amore, la sua passione e resurrezione. Ciò farò soprattutto se il Signore mi rivelerà che voi tutti, singolarmente e collettivamente, vi trovate concordi, mercè la grazia divina, in un'unica fede, e precisamente in Gesù Cristo, discendente secondo la carne dalla stirpe di David, figlio dell'uomo e figlio di Dio, e ciò mostrate obbedendo al vescovo e al consiglio degli anziani in perfetta unità di intendimenti, spezzando un sol pane che è il farmaco dell'immortalità, l'antidoto contro la morte, vita eterna in Gesù Cristo. Io mi costituisco olocausto per voi e per coloro che, per onorare Dio, avete inviato a Smirne: da questa città vi scrivo, rendendo grazie al Signore, amando Policarpo come pure amo voi. Ricordatevi di me, come Gesù Cristo si ricorda di voi. Pregate per la Chiesa di Siria donde sono condotto a Roma, imprigionato, io ultimo trai fedeli di laggiù, ma pure ritenuto degno da Dio d'essere scelto per il Suo onore. Addio in Dio Padre e in Gesù Cristo, nostra comune speranza.

AI MAGNESIANI

Ignazio, che ha nome anche Teoforo, alla Chiesa dimorante a Magnesia del Meandro, benedetta dalla grazia di Dio Padre in Cristo Gesù, Salvatore nostro; nel Suo nome la saluto e le auguro ogni felicità in Dio Padre e in Gesù Cristo.

Poiché ho conosciuto la vostra ben disciplinata pietà religiosa — ed esulto di gioia per questo — ho stabilito di parlarvi in nome della fede di Gesù Cristo. Fatto degno di un nome oltremodo a Dio conveniente io, nelle catene che porto di città in città, innalzo un inno di lode alle Chiese, augurando loro [indissolubile] unione con la carne e lo spirito di Gesù Cristo, nostra vita eterna, unione, nella fede e nell'amore, cui nulla è preferibile; ma soprattutto faccio voti per la loro unione con Gesù e col Padre perchè sostenendo ed evitando, col Suo aiuto, ogni assalto del principe di questo secolo, giungeremo al possesso di Dio. Mi è toccato l'onore di vedervi nella persona di Dama vostro vescovo, degno di Dio, dei presbiteri, altrettanto degni, Basso e Apollonio e del diacono Zotione, mio conservo, della cui presenza vorrei godere, perchè è sottomesso al vescovo come alla grazia di Dio, e al consiglio degli anziani come alla legge di Gesù Cristo. A voi non conviene trattare troppo famigliarmente il vescovo approfittando della sua giovinezza, ma anzi prodigargli quella riverenza che compete alla potestà di Dio Padre, come constatai nei santi presbiteri che, nella loro saggezza in Dio, non approfittavan davvero della evidente sua età giovanile, ma gli erano sottomessi, cioè non a lui, ma al Padre di Gesù Cristo, vescovo di tutti. In onore dunque di Colui che ci ama, conviene che noi gli ubbidiamo, senza simulazione; poiché chi tende ad ingannarlo, non inganna questo vescovo visibile, ma quello invisibile; in tal modo non si tratta più d'un uomo, ma di Dio che conosce tutte le cose nascoste. E quindi necessario non soltanto dirsi Cristiani ma esserlo in realtà; vi sono taluni che parlano del vescovo, ma poi agiscono indipendentemente da lui. Gente siffatta non mi sembra di retta coscienza, perchè non si raduna in modo valido, secondo il precetto [di Cristo]. Ma tutto ha un fine, e ormai due probabilità ci stanno dinanzi: la morte e la vita, e ciascuno andrà al luogo che si merita. Vi sono due monete, l'una di Dio, l'altra del mondo e ciascuna di esse reca segnata la propria impronta: gl'increduli l'impronta di questo mondo, i credenti, per la loro carità, l'impronta di Dio Padre nella persona di Gesù Cristo. Ora, se noi non siamo nella volontaria disposizione di affrontare la morte, in vista della Sua passione, neppure la Sua vita è in noi. Poiché, dunque, nelle persone sunnominate ho visto, cogli occhi della fede, ed ho amato tutta la moltitudine di voi, vi esorto a cercar di operare sempre all'unisono con Dio, sotto il presidio del vescovo che ne tien luogo, dei presbiteri che ne fanno le veci, del sinedrio degli Apostoli e dei diaconi, mia dolcissima cura, cui è affidato il ministero di Gesù Cristo; Egli, che era a fianco del Padre prima dei secoli e che apparve soltanto alla fine. Uniformatevi dunque tutti al modello divino; rispettatevi l'un l'altro e nessuno guardi il suo prossimo con gli occhi della carne, ma amatevi scambievolmente in Gesù Cristo. Non insorga tra voi nulla che valga a dividervi, ma mantenetevi uniti al vescovo e a tutti coloro che presiedono alla Comunità, a simbolo e dimostrazione della vita eterna. Come il Signore non fece nulla, nè da se stesso, nè per mezzo degli Apostoli, indipendentemente dal Padre cui era unito, così neppur voi non fate nulla senza il vescovo e i presbiteri. E non cercate di far apparire lecito ciò che fate in privato; ma, radunati insieme, una sia la preghiera, una la supplica, uno l'intendimento, una la speranza nell'amore, nella gioia incolpabile che è Gesù Cristo : niente è preferibile a Lui. Accorrete tutti ad un unico tempio di Dio come ad un solo altare, ad un solo Gesù Cristo che discese da un solo Padre, fu di Lui solo, ed a Lui è ritornato. Non vi lasciate sedurre da straniere dottrine nè dalle vecchie favole, che a nulla giovano; infatti, se ancor oggi viviamo secondo le consuetudini del Giudaismo, confessiamo di non aver ricevuto la grazia. I divini profeti vissero secondo Gesù Cristo; per questo, inspirati dalla Sua grazia, furono perseguitati; perchè cercavano di convincere gli increduli che esiste un solo Dio, colui che si è manifestato in Gesù Cristo Suo Figliuolo, che è il Verbo uscito dal silenzio, il quale si compiacque in tutto e per tutto di Colui che l'aveva mandato. Se, pertanto, coloro che vissero nell'antico ordine di cose hanno aderito alla nuova speranza, non celebrando più il sabato, ma vivendo secondo [il giorno] del Signore, nel quale ebbe principio la nostra vita, per Suo merito e mercè la Sua morte — alcuni negano questo mistero attraverso il quale ricevemmo la fede, e in grazia del quale perseveriamo, onde divenire discepoli di Gesù Cristo, unico maestro nostro — come potremo noi vivere senza di Lui, se i pro feti che furono suoi discepoli in ispirito, lo aspettavano come loro maestro? In ricompensa di ciò, Colui che attesero in virtù di giustizia, andò a risuscitarli dai morti. Badiamo di non rimanere insensibili alla Sua bontà, perchè se Egli prendesse a modello le nostre azioni saremmo perduti. In considerazione di questo, costituitici suoi discepoli, impariamo a vivere secondo il Cristianesimo; chi si fa chiamare con nome diverso, non è di Dio. Gettate via l'inutile fermento invecchiato e inacidito per prendere in cambio il lievito nuovo, cioè Gesù Cristo. Cospargetevi di Lui come del sale, sì che nessun di voi s'abbia a corrompere, poiché sarete giudicati dall'odore. E’ assurdo aver Gesù Cristo sulle labbra e praticare il Giudaismo: non fu già il Cristianesimo a credere nel Giudaismo, ma il Giudaismo nel Cristianesimo, nel quale si riuniscono, in Dio, tutti i credenti, qualunque lingua parlino. Vi dico questo, ο miei amati, non già perchè sappia che alcuno di voi nutre sentimenti di tal genere, ma perchè, pur essendo più piccolo di voi, voglio impedirvi di abboccare all'amo della vana gloria, ed esser sicuro invece che siete pienamente convinti della nascita, della passione e della Resurrezione avvenuta nel tempo in cui era prefetto Ponzio Pilato; in realtà e senza alcun dubbio tali fatti si verificarono in Gesù Cristo, nostra speranza; non sia mai che alcun di voi volga ad Esso le spalle. In tutto e per tutto vorrei giovarmi di voi, se pur ne son degno: chè, sebbene in ceppi, non sono nulla di fronte a voi, liberi. So, del resto, che non vi gonfiate di superbia, perchè avete nel cuore Gesù Cristo; di più, quando vi lodo so che ne provate confusione, secondo sta scritto che il giusto è accusatore di se stesso. Cercate dunque di star saldi nei precetti del Signore e degli Apostoli, affinchè, per tutto ciò che voi fate, procediate nella retta via nella carne e nello spirito, nella fede e nell'amore, in unione col figlio, col Padre e con lo Spirito, dal principio alla fine d'accordo col santo vostro vescovo, colla venerabile corona spirituale che è il consiglio degli anziani, e coi diaconi, viventi secondo Dio. Siate sottomessi al vescovo e anche gli uni agli altri, come Gesù Cristo in quanto uomo lo fu al Padre e gli Apostoli a Cristo, al Padre e allo Spirito [Santo], così che ne risulti un'unità sì carnale che spirituale. Sapendovi saturi di Dio, vi ho indirizzato una succinta esortazione. Ricordatevi di me nelle vostre preghiere, perchè io possa giungere al possesso di Dio, e della Chiesa di Siria, alla quale non sono degno di appartenere. Ho bisogno della vostra preghiera e dell'amor vostro uniti in Dio perchè la Chiesa di Siria, per intercessione della vostra Chiesa, ottenga d'essere irrorata dalla grazia divina. Da Smirne, d'onde vi scrivo, vi salutano gli Efesini qui presenti, come voi, per la gloria di Dio: essi mi sono stati di gran conforto in tutto, insieme con Policarpo, vescovo di Smirne. Anche le altre Chiese vi salutano in onore di Gesù Cristo. Siate forti, in concorde, unione con Dio, possedendo lo spirito indivisibile che è Gesù Cristo.

AI TRALLIANI

Ignazio, che ha nome anche Teoforo, alla santa Chiesa di Traile in Asia, amata da Dio, padre di Gesù Cristo, eletta [da Dio], e di Lui degna; che gode pace sì carnalmente che spiritualmente, in virtù della passione di Gesù Cristo, col quale speriamo di risorgere; io la saluto nella pienezza [della grazia] secondo la consuetudine apostolica augurandole ogni bene. Ho saputo che l'animo vostro è mondo da ogni macchia e immutabile nella costanza: e che possedete tali virtù non per averle acquisite, ma come portato della vostra indole; ciò mi rese noto Polibio, il vostro vescovo, che è venuto a Smirne per volontà di Dio e di Gesù Cristo, e si è rallegrato tanto con me, prigioniero per Gesù Cristo, così che tutta la moltitudine di voi mi fu dato di vedere in lui. Poiché dunque ho ricevuto per suo mezzo l'attestazione della vostra benevolenza in Dio, ho reso gloria al Signore per avervi trovato, come avevo saputo, Suoi imitatori. Poiché, se siete sottoposti al vescovo come a Gesù Cristo, mi apparite vivere non a norma delle esigenze della natura umana, ma a norma di Gesù Cristo, il quale per noi tutti è morto, onde mettervi in condizione, grazie alla vostra fede nella Sua morte, di evitare la morte. E’ dunque per voi necessario, come in realtà fate, di non compiere nessuna azione indipendentemente dal vescovo, ma di star sottoposti oltre che a lui, anche al consiglio degli anziani come agli Apostoli di Gesù Cristo, nostra speranza, in unione al quale saremo trovati se vivremo conforme ai suoi insegnamenti. Conviene anche che coloro che sono diaconi dei misteri di Gesù Cristo, piacciano, in tutto e per tutto, a tutti. Chè non son ministri di cibi e di bevande, ma servi delle chiese di Dio; bisogna perciò che si guardino dall'incorrere in qualsiasi imputazione come dal fuoco. D'altro canto, però, tutti devono venerare i diaconi come Gesù Cristo, e così pure il vescovo simbolo del Padre, e i presbiteri come il sinedrio di Dio e il consiglio degli Apostoli. All'in- fuori di questi, la Chiesa non merita questo nome. Ma son persuaso che voi sentite così: giacché ho ricevuto, e l'ho ancora con me, l'espressione del vostro amore nella persona del vostro vescovo: la sua condotta è di per se stessa un ammaestramento, la sua mitezza è una forza; credo che persino i miscredenti guardino a lui con riverenza. Per l'amore che vi porto vi risparmio, pur potendo scrivervi, a questo riguardo, in tono più severo. Ma non mi ritengo da tanto, da potervi impartire insegnamenti quasi fossi un Apostolo, io condannato. La mia mente s'innalza in Dio, ma io misuro le mie capacità umane per non perdermi nella vana gloria: chè ora mi conviene di esser più trepidante che mai, e di non dare ascolto a coloro che mi gonfian [di lode]. Chi mi parla un tal linguaggio, mi flagella. Io amo la mia passione, ma non so se ne son degno. Il mio sdegno [contro i persecutori] non appare a molti, ma combatte me. Ho bisogno dunque di quella mansuetudine, con la quale si annienta il principe di questo secolo. Non potrei io scrivervi cose celesti? ma temo di farvi del danno, essendo voi fanciulli: perdonatemi, ma non vorrei che nell'impossibilità di inghiottire tal cibo, ne rimaneste soffocati. E anch'io, non perchè posso, in virtù delle mie catene, comprendere le cose celesti, le gerarchie angeliche e le costituzioni degli arconti, le creature visibili e le invisibili, sono per questo discepolo; molto ci resta per non demeritare Dio. Io vi esorto dunque, cioè non io, ma l'amore di Gesù Cristo, a far uso soltanto di nutrimento cristiano, e ad astenervi dall'erba straniera, che è l'eresia. Coloro che mescolano Gesù Cristo con se stessi dandosi l'aria di gente degna di fede, sono simili a coloro che insieme col vino melato somministrano un veleno mortale, di modo che chi l'ignora beve dolcemente, in fatale dolcezza, la morte. Perciò guardatevi da costoro: lo potrete solo se non vi allontanerete, gonfi di superbia, da Gesù Cristo, nostro Dio, dal vescovo e dai precetti degli Apostoli. Chi è dentro l'altare è puro, mentre chi sta fuori dell'altare è impuro; vale a dire che chi agisce separatamente dal vescovo, dal consiglio degli anziani e dai diaconi, non è puro nella sua coscienza. Vi dico ciò non perchè abbia saputo qualche cosa di simile sul conto vostro, ma per mettervi in guardia, voi che amo, dalle insidie, che già prevedo, del demonio. Voi dunque, assumendo un atteggiamento di mitezza, rigeneratevi nella fede, che è la carne del Signore, e nell'amore che è il sangue di Gesù Cristo. Nessun di voi nutra risentimento contro il suo vicino; non fornite pretesto ai Gentili di bestemmiare, per causa di pochi stolti, tutta la moltitudine che vive in Dio. Perchè guai a Colui, per la cui stoltezza il mio nome sarà bestemmiato da alcuni. Perciò turatevi le orecchie, quando qualcuno vi parla senza nominare Gesù Cristo della stirpe di David, figlio di Maria, che in verità fu generato, mangiò e bevve, in verità fu perseguitato sotto Ponzio Pilato, in verità fu crocifisso e morì, alla vista delle creature celesti, terrene ed infere; che in verità risorse dai morti, perchè ne lo risuscitò il padre suo, il quale similmente risusciterà in Gesù Cristo, senza del quale non ci è dato conseguire la vera vita, noi che in Lui abbiamo fede. Che se poi Egli ha sofferto soltanto in apparenza come diconò alcuni atei, cioè increduli, essi in realtà viventi solo apparentemente, a che son io incatenato, e a quale scopo anelo a combattere con le belve? Muoio inutilmente, allora! e per conseguenza, dico cose false sul conto del Signore. Ma voi evitate i malvagi germogli che producono frutti mortali, chi gusta dei quali muore sull' istante. Questi non sono piantagione del Padre. Se lo fossero apparirebbero quali rami della croce e il loro frutto sarebbe incorruttibile. Per mezzo di questa croce, simbolo della Sua passione, Cristo vi invita, voi sue membra. La testa non può stare senza membra, e Dio promette questa unione che è Lui stesso. Vi saluto da Smirne insieme con le chiese di Dio che sono qui con me, e che mi hanno ristorato nel corpo e nello spirito. Le catene che porto per Gesù Cristo, agognando al possesso di Dio, vi scongiurano: perseverate nella concordia e nella mutua preghiera. A voi, collettivamente e singolarmente, e specialmente ai presbiteri, conviene essere di sollievo al vescovo in onore del Padre di Gesù Cristo e degli Apostoli. Vi prego di ascoltarmi con amore affinchè io, per il fatto che vi ho scritto, non divenga testimonio contro di voi. E pregate per me, che ho bisogno del vostro amore per ottenere misericordia da Dio, e meritare, non essendone ritenuto indegno, l'eredità imminente. L'amore dei fratelli di Smirne e di Efeso vi saluta. Ricordatevi nelle vostre preghiere della Chiesa di Siria, cui non sono degno di appartenere, io, ultimo dei fedeli di laggiù. Siate forti in Gesù Cristo, sottomessi al vescovo come ai precetti [di Cristo] e così pure al collegio sacerdotale. Il mio spirito s'immola per voi, non soltanto ora, ma anche nel momento in cui raggiungerò Dio. Sono ancora in pericolo. Ma il Padre, fedele, esaudirà la preghiera mia e vostra, per intercessione di Gesù Cristo, nel quale spero che sarete trovati puri da ogni colpa.

AI ROMANI

Ignazio, che ha nome anche Teoforo, alla Chiesa che ha trovato misericordia nella magnificenza dell'altissimo Padre e di Gesù Cristo suo unico Figlio, amata, e irradiata dalla volontà di Colui che vuole tutto ciò che esiste, in virtù dell'amore di Gesù Cristo nostro Dio, [alla Chiesa] che presiede sul territorio dei Romani, degna di Dio, d'onore, di beatitudine, di lode, di successo, pura, e preposta alla [società] dell'amore, rappresentante della legge di Cristo, insignita del nome del Padre; io la saluto nel nome di Gesù Cristo di Lui figlio; a coloro che sono uniti, secondo la carne e secondo lo spirito, nel [l'osservare] i suoi precetti, in perpetuo ridondanti della grazia divina, puri da ogni estraneo elemento invio molti saluti ed auguri di gioia perfetta in Gesù Cristo, nostro Dio.

I. Ho ottenuto da Dio, mercè le mie preghiere, di vedere i vostri volti degni di Lui, ma ho ricevuto anche più di quanto avevo domandato; [ora] infatti, spero di salutarvi qual prigioniero di Gesù Cristo, se la volontà [divina] mi ritiene degno di giungere sino alla mèta. L'inizio è felice: possa io ottenere la grazia di conseguire, senza impedimenti, l'eredità cui aspiro! Temo che mi sia di danno il vostro amore; perchè per voi è facile effettuare quel che volete; mentre a me riesce difficile guadagnarmi Iddio, se voi non mi risparmiate.

II. Io non ambisco di piacere agli uomini, ma a Dio, come, appunto, anche voi Gli piacete. Or dunque nè posso io ottener Dio in altra occasione che questa, nè potreste voi, tacendo, prestarvi a più nobile azione: chè se voi non farete parola di me, io diverrò verbo di Dio: ma se mostrerete di amare la mia carne, sarò ancora [soltanto] voce. Non dovete concedermi nulla di più che di lasciarmi immolare a Dio, mentre è ancor presto l'altare; allora, divenuti coro in virtù dell'amore, innalzerete un inno al Padre in Gesù Cristo perchè Dio ritenne di dover scegliere il vescovo della Siria, e inviarlo dall'Oriente all'Occidente: è bello ch'io tramonti dal mondo a Dio, per risorgere in Lui.

III. Non avete mai portato invidia ad alcuno, anzi avete istruito altri; per questo io voglio che rimangan saldi gl'insegnamenti da voi impartiti. Domandate soltanto per me una forza sì interiore che esterna, cosicché io non soltanto dica, ma anche voglia, e non solo mi chiami, ma mi si riconosca cristiano; chè se sarò riconosciuto tale potrò esserlo anche di nome e testimoniare la mia fede anche quando non sarò più visibile al mondo. Niente di quel che si vede è bello; lo stesso Dio nostro, Gesù Cristo, dà più ampia rivelazione di sè, tornato al Padre. La professione cristiana quand'è fatta segno dell'odio del mondo, non è opera di persuasione [umana] ma di grandezza [divina].

IV. Scrivo a tutte le Chiese e a tutti faccio sapere che di buon grado m'avvio a morire per Dio, se pur voi non me l'impedirete. Vi prego, non mostratemi un affetto intempestivo: permettete ch'io sia cibo alle belve per guadagnarmi Dio. Frumento di Dio io sono, e maciullato dai denti delle fiere per trasformarmi in puro pane di Cristo. Accarezzatele piuttosto, onde divengano mia tomba e non lascino traccia del mio corpo, cosicché, una volta addormentato, io non sia d'imbarazzo ad alcuno. Sarò verace discepolo di Gesù Cristo, quando il mondo non vedrà più il mio corpo. Supplicate per me Cristo affinchè mi conceda di divenire, per mezzo di tali istrumenti, vittima di Dio. Non v'impartisco ordini come Pietro e Paolo: chè quelli sono Apostoli, io condannato; essi liberi, io, fin'ora, schiavo; ma se soffrirò il martirio diverrò liberto di Gesù Cristo e risorgerò libero in Lui. Ora che mi trovo in ceppi, apprendo a non concepire desiderio alcuno.

V. Io fin da questo momento combatto con le belve: dalla Siria fin' a Roma, per terra e per mare, di notte e di giorno, avvinto a dieci leopardi, cioè al manipolo di soldati che più diventano malvagi quanto più si fa loro del bene. Traggo un ammaestramento dalle loro offese, ma non per questo posso ritenermi giustificato. Vorrei profittare delle belve che mi aspettano e faccio voti ch'esse si slancino subito su di me: le carezzerò perchè mi divorino sull'istante e non si comportino meco come con taluni che, per riverenza non toccarono. E se esse, restie, non volessero le trarrò a me con la forza. Perdonatemi, ma quel che mi giova lo so ben io. Ora comincio ad esser discepolo: che nessuna, dunque, delle creature visibili ο invisibili m'impedisca di giungere al possesso di Gesù Cristo! Fuoco e croce, e lotta con le belve, lacerazione, squarciamenti e sparpagliamento di ossa, contusione di membra, stritolamento di tutto il corpo, i più atroci tormenti demoniaci si accumulino su di me, purché io ottenga Gesù Cristo.

VI. A nulla mi gioverebbe possedere il mondo intero ο essere il re di questo secolo; è meglio, per me, di morire in Gesù Cristo che regnare fino agli estremi confini della terra. Io vado in cerca di Colui ch'è morto per noi: voglio Colui che per noi è risorto. S'avvicina il momento del parto; perdonatemi, fratelli! non m'impedite di vivere, non vogliate la mia morte, non donate al mondo e non ingannate con le seduzioni della materia, chi vuol appartenere a Dio! Permettete che io raggiunga la pura luce: chè giunto ad essa, sarò veramente uomo; lasciatemi imitare la passione del mio Dio; se qualcuno L'ha in cuore, comprenda la mia aspirazione, e divida la mia passione, sapendo quale affanno mi opprime!

VII. Il principe di questo secolo vuol farmi sua preda e corrompere il sentimento ch'io nutro per il mio Dio; che, di grazia, nessun di voi gli presti mano; siate piuttosto miei cooperatori, cioè di Dio; non professate il nome di Gesù Cristo se nutrite brame terrene; non alberghi invidia nei vostri cuori; se, giunto tra voi, vi pregassi, non mi ascoltate, ma prestate fede piuttosto a quel che vi scrivo; giacché vi scrivo vivente, ma anelante alla morte. Il mio amore [terreno] è stato crocifisso, non arde in me fiamma per la materia ma solo un' acqua viva parla in me, e dentro di me dice: vieni al Padre. Non mi compiaccio di alimento soggetto a corruzione, nè dei diletti di questa vita: anelo al Pane di Dio, che è la carne di Gesù Cristo, nato dal seme di David, e, per bevanda, al suo sangue che è amore incorruttibile.

VIII. Non voglio più vivere la vita degli uomini. Questo si verificherà sol che voi lo vogliate; e dovete volerlo perchè Dio voglia voi. In brevi parole vi rivolgo la mia preghiera; ascoltatemi: Gesù Cristo vi renderà manifesto che io dico il vero — e non conosce menzogna la bocca mediante la quale il Padre ha parlato veracemente. Pregate per me ch'io Lo conseguisca al fine. Non vi ho scritto seguendo l'ispirazione della carne, ma conforme il volere di Dio; se soffrirò il martirio, ciò vorrà dire che mi avete voluto [bene]; se ne sarò respinto, che m'avete odiato.

IX. Ricordatevi, nelle vostre preghiere, della Chiesa di Siria che ormai ha per pastore Dio in vece mia. Solo Gesù Cristo e il vostro amore veglieranno su lei. Io mi vergogno di farne parte, perchè non ne son degno, essendo l'ultimo dei suoi membri, e l'aborto; ma mi si concederà, per misericordia, di essere qualcuno, se riuscirò a conseguire Dio. Vi saluta il mio spirito unitamente all'amore delle chiese che mi hanno accolto in vista del nome di Gesù Cristo, e non come un passante qualsiasi. Infatti, quelle che non si trovavano sulla mia strada — voglio dire sulla via percorsa dal mio corpo mortale — mi precedevano per aspettarmi di città in città.

X. Vi scrivo da Smirne a mezzo degli Efesini degni che si dican beati. È qui con me, insieme con molti altri, anche Croco, nome a me caro. Quanto a coloro che mi hanno preceduto dalla Siria a Roma per [la gloria] di Dio, credo che ormai li abbiate conosciuti; potete annunziar loro ch'io son vicino. Tutti sono degni di Dio e di voi: conviene che voi li riconfortiate in tutto e per tutto. Vi scrivo il nono giorno prima delle calende di settembre. State sani perseverando sino alla fine in Gesù Cristo.

AI FILADELFESI

Ignazio, che ha nome anche Teoforo, alla Chiesa di Dio Padre e del Signore Gesù Cristo, risiedente in Filadelfia d'Asia, insignita della divina misericordia, stabilita nella concorde unione con Dio, esultante di fede nella passione del Signor nostro cui è inseparabilmente congiunta, e convinta, mercè la divina misericordia, della Sua resurrezione; io la saluto nel sangue di Gesù Cristo. Essa è per me fonte di gioia eterna e immutabile, sopratutto se si mantiene unita al vescovo, ai suoi presbiteri e ai diaconi designati dalla volontà di Gesù Cristo, e da Lui, sempre secondo il Suo desiderio, confermati stabilmente in virtù del Suo santo spirito.

I. So che il [vostro] vescovo ha ricevuto l'amministrazione della Comunità, non per propria sollecitazione, nè per decreto d'uomini, e neppure per sua vanagloria, ma dall'amore di Dio Padre e del Signore Gesù Cristo. Sono rimasto colpito dalla sua modestia: egli, tacendo, può assai di più di coloro che parlano, ma a vuoto. Egli è in armonia coi precetti di Cristo come la lira con le sue corde; perciò l’anima mia magnifica il suo intelletto rivolto a Dio, sapendolo adorno di virtù e di perfezione, e [conoscendo] la sua fermezza e la sua mansuetudine simile alla mitezza del Dio vivente.

II. Voi, figli della luce e della verità, evitate la divisione e i perversi insegnamenti; dove è il pastore, lì seguitelo come pecore. Molti lupi, che pur si ritengono degni di fede, tentano di asservire, con malvagio compiacimento, coloro che corrono nello stadio di Dio: ma costoro non troveranno posto nell'unità che voi formate.

III. Tenetevi lungi dalle erbe nocive che Gesù Cristo non coltiva perchè non sono piantagione del Padre; non vi dico questo per aver trovato divisione tra voi, chè anzi ho constatato la vostra opera di selezione. Quanti appartengono a Dio e a Gesù Cristo stanno col vescovo, e quanti, pentiti, tornano a riunirsi con la Chiesa, apparterranno anch'essi a Dio, per vivere conforme a Gesù Cristo. Non vi lasciate indurre in errore, fratelli miei. Chi segue un autore di scismi, non erediterà il regno di Dio: chi aderisce a una dottrina straniera, non consente con la Passione.

IV. Badate dunque di celebrare una sola eucarestia; che una sola è la carne del Signore nostro Gesù Cristo, uno solo il calice per la [nostra] unione nel Suo sangue, uno solo l'altare, come uno solo è il vescovo col presbiterio e coi diaconi, miei compagni nel servizio di Dio; affinchè quello che fate, sia fatto secondo Dio.

V. Fratelli miei, io sono riboccante di amore per voi, ed esultando cerco di corroborarvi, cioè non io, ma Gesù Cristo, per cui porto le catene, più che mai timoroso a causa della mia imperfezione; ma la preghiera che voi innalzate a Dio, mi perfezionerà, sì da farmi conseguire quella eredità che mi è stata assegnata per misericordia, per essermi io rifugiato nel Vangelo, come nella carne di Gesù Cristo, e negli Apostoli come nel presbiterio della Chiesa. Ma anche i Profeti dobbiamo amare, perchè hanno annunziato il Vangelo, hanno sperato in esso, Lo hanno atteso e per la loro fede sono stati salvati: uniti a Gesù Cristo, santi degni d'amore e di ammirazione, in favore dei quali ha testimoniato Gesù Cristo, che li ha annoverati nel Vangelo della comune speranza.

VI. Se poi qualcuno vi spiega il Giudaismo, non l'ascoltate: che è meglio ascoltare il Cristianesimo da un circonciso che il Giudaismo da un incirconciso; se nessun dei due fa parola di Gesù Cristo sono entrambi per me stele e tombe di morti, su cui stanno scritti soltanto i nomi degli uomini. Fuggite dunque le male arti e le insidie del principe di questo secolo, per il timore che, tormentati dal suo ragionare, non ne usciate indeboliti nell'amore; siate invece uniti in un solo indivisibile cuore. Io rendo grazie al mio Dio di avere la coscienza tranquilla nei riguardi vostri, e d'esser sicuro che nessuno possa, celatamente ο palesemente, menar vanto di avermi avuto, poco ο molto, a proprio carico. E mi auguro che tutti coloro con i quali ho parlato, non si servano delle mie parole per testimoniare contro di me.

VII. Invero, taluni tentarono di ingannar me, in quanto uomo: ma lo spirito che è emanato da Dio, non si lascia ingannare; perchè sa d’onde viene e dove va e rivela le cose nascoste. Io, quando ero tra loro, gridavo, gridavo ad alta voce (che era voce di Dio): Obbedite al vescovo, al collegio degli Anziani, ai diaconi! Ed essi sospettarono ch'io dicessi ciò perchè prevedevo il loro scisma: invece mi sia testimonio Colui del quale porto le catene, che non lo seppi da carne umana, ma me l'annunziò lo spirito dicendo: non fate nulla senza il vescovo, custodite la vostra carne qual tempio di Dio, amate l'unione, fuggite le divisioni, siate imitatori di Gesù Cristo, come Egli lo è del Padre suo.

VIII. Io, dunque, feci quel che mi si addiceva qual'uomo che intende realizzare la perfetta unione. Dove è divisione, dov'è ira, ivi non dimora Dio. Il Signore perdona a tutti quelli che si ravvedono e tornano all'unione con Dio e alla comunione col vescovo. Ho fede nella grazia di Gesù Cristo che vi libererà da ogni servitù. Vi esorto a non agire secondo i suggerimenti dell'ira, ma conforme c'insegna Gesù Cristo. Giacché udii alcuni dire: «Se non lo trovo negli archivi, cioè nell'Evangelo, non vi credo»; e poiché io rispondevo: «appunto così sta scritto», essi mi risposero: «proprio questo è da vedersi». Per me l'archivio è Gesù Cristo, l'archivio sacro sono la Sua croce, la Sua morte, la Sua resurrezione, e la fede che da Lui deriva, tutte cose per le quali imploro, mercè le preci vostre, la mia giustificazione.

IX. Venerandi erano i sacerdoti, ma di gran lunga superiore ad essi è il Sommo sacerdote cui è stato affidato il Santo dei Santi, e che solo è depositario dei misteri di Dio; Egli, che è la porta del Padre, per la quale entrano Abramo, Isacco e Giacobbe, i profeti, gli apostoli e la Chiesa. Tutto questo ha per unico scopo l'unione con Dio. Ma l'Evangelo contiene alcunché di straordinario, la venuta del Salvatore, nostro Signore Gesù Cristo, la Sua Passione e Resurrezione. I Profeti a Lui diletti, l'annunziarono ma il Vangelo è il compimento dell'incorruttibilità. Del resto tutto è buono, purché la nostra fede si alimenti d'amore.

X. Siccome mi è stato annunziato che per le vostre preghiere e mercè il tenero amore che portate a Gesù Cristo, la Chiesa di Antiochia di Siria ha ricuperato la pace, conviene a voi, come Chiesa di Dio, di eleggere un diacono perchè si rechi colà in santa ambasceria a congratularsi con tutta la Comunità radunata, e a glorificare con essa il nome di Dio. Beato in Gesù Cristo colui che riterrete degno di adempiere tal ufficio; ma anche a voi ne ridonderà gloria. Purché lo vogliate, non vi sarà impossibile di far ciò per il nome di Dio; le Chiese più vicine già hanno inviato i loro vescovi, altre i presbiteri e i diaconi.

XI. Quanto poi a Filone, diacono di Cilicia, uomo encomiato, che ancor ora mi presta servizio nella causa di Dio, insieme con Reo Agatopodo, uomo eletto, che mi segue dalla Siria, dopo aver rinunziato alla propria vita, essi attestano in vostro favore — ed io per voi ne rendo grazie a Dio — che li avete accolti con quell'amore con cui il Signore accoglierà voi, mentre quelli che non hanno usato loro riguardo alcuno, siano riscattati dalla grazia di Dio. Vi saluta l'amore dei fratelli che è in Troade, d'onde vi scrivo a mezzo di Burro, inviatomi dagli Efesini e dagli Smirnei, per l'onore di Gesù Cristo. E il Signore, Gesù Cristo, nel quale essi sperano in carne, anima, spirito, fede, amore e concordia, li contraccambierà di pari onore. Addio in Cristo Gesù nostra comune speranza.

AGLI SMIRNEI

Ignazio, che ha nome anche Teoforo, alla Chiesa di Dio padre e del diletto [Suo figliuolo] Gesù Cristo, che ha ottenuto ogni grazia dalla divina misericordia, riboccante di fede e d'amore, di nessun dono priva, a Dio gradita, racchiudente tesori di santità; alla Chiesa che risiede a Smirne d'Asia auguro salute in immacolata purezza e nella parola di Dio.

I. Rendo gloria a Gesù Cristo, Dio, che vi ha elargito tanta saggezza; giacché so che siete perfetti, in una fede incrollabile, come inchiodati alla Croce del Signore Gesù Cristo nella carne e nello spirito; resi saldi nell'amore dal sangue di Cristo; persuasi che il Signor nostro realmente sia disceso dalla stirpe di David secondo la carne, ma figlio di Dio per volontà e potenza divina, veramente nato da una vergine, battezzato da Giovanni, onde per suo mezzo avesse compimento ogni opera di giustizia; veramente per noi crocifìsso, nella carne, sotto Ponzio Pilato e il Tetrarca Erode — dal frutto della Sua croce e dalla Sua divina passione trae origine la vita nostra — per potere, in virtù della Sua Resurrezione, innalzare il suo vessillo nei secoli, in favore dei santi e dei suoi fedeli, Ebrei ed Elleni, riuniti nell'unico corpo della sua Chiesa.

II. Tutto ciò Egli soffri per noi, per la nostra salvezza: e realmente soffrì come pure realmente risuscitò se stesso; non fu apparente la sua passione, come dicono alcuni increduli, essi solo apparentemente esistenti. Quello che pensano ricadrà su di loro, incorporei e di costituzione demoniaca.

III. Infatti ho appreso che anche dopo la resurrezione Egli era nella carne; ed io nutro in ciò completa fede. E quando s'avvicinò a quelli che stavano intorno a Pietro disse loro: «Toccatemi, palpatemi e constatate che non sono un demone incorporeo». E subito Lo toccarono e credettero, persuasi della realtà della Sua carne e del Suo spirito. Per questo poterono disprezzare la morte e superarla. Dopo la resurrezione Egli mangiò con essi e bevve come uomo carnale, sebbene unito spiritualmente al Padre.

IV. Tutto ciò vi raccomando, miei diletti, pur sapendo che anche voi la pensate così. Ma voglio premunirvi contro le fiere dall'aspetto umano, che voi non solo non dovete accogliere [tra voi], ma, se è possibile, neppure avvicinare, soltanto pregate per loro, perchè si convertano, sebbene sia difficile. Ma di ciò ha facoltà Gesù Cristo, vera vita nostra. Se poi tutto questo è stato operato dal Signor nostro solo apparentemente, anch'io sono prigioniero per pura apparenza. A che dunque io mi son dato in balìa della morte, al fuoco, alla spada, alle belve? Ma chi è vicino alla spada è prossimo a Dio, chi è con le belve, è con Dio, sol che lo sia per il nome di Gesù Cristo. Tutto sopporto per soffrire con Lui, ed Egli mi fortifica, Egli che fu uomo perfetto.

V. Alcuni, per ignoranza lo rinnegano, e sono poi invece rinnegati da Lui, avvocati della morte, non della verità; a persuaderli non valsero le profezie, non la legge di Mosè, e neppure fin'ora l'Evangelo, nè le sofferenze di noi singoli. Giacché anche sul conto nostro pensano allo stesso modo. Come posso giovarmi di chi mi loda, ma bestemmia il Signore, non volendo riconoscere che Egli ha portato la Sua carne? Chi non dice questo Lo rinnega, e non fa che trascinare il proprio cadavere. Non ho creduto opportuno scrivere i nomi di costoro, che sono nomi di increduli. E non sia mai che io li ricordi fino a che non si convertano alla passione che è la nostra resurrezione.

VI. Nessuno cada in errore: le creature celesti e gli angeli gloriosi, i principi visibili e invisibili, se non credono nel sangue di Cristo, pronunciano da se stessi la loro condanna. Chi può comprendere, comprenda. Nessuno si gonfi di superbia per la carica che occupa: la fede e l'amore sono tutto, e nessuna cosa è preferibile a queste. Imparate a conoscere come coloro che professano una dottrina diversa circa la grazia di Gesù Cristo scesa su noi, agiscono contrariamente alla volontà di Dio: essi non si curano delle opere di carità, non della vedova, non dell'orfano, non del tormentato, non del prigioniero ο del riscattato, non di chi ha fame ο sete.

VII. Si astengono dall'eucarestia e dalla preghiera, per non confessare che l'eucarestia è la carne del nostro Salvatore Gesù Cristo, che ha sofferto per i nostri peccati, carne che il Padre, nella sua clemenza, ha risuscitato. Coloro dunque che oppongono resistenza al dono di Dio, trovano, nelle loro dispute, la morte. Sarebbe stato meglio, invece, che si guadagnassero mediante la pratica dell'amore, la resurrezione.

Convien dunque tenersi lontani da tali uomini, e non conversare con loro nè in privato nè in pubblico, dar ascolto invece ai Profeti, ma specialmente al Vangelo che ci spiega la passione e dimostra in modo compiuto e perfetto la resurrezione. Fuggite le divisioni come origine di tutti i mali.

VIII. Ubbidite tutti al vescovo, come Gesù Cristo al Padre, e al consiglio degli anziani come agli Apostoli. Venerate i diaconi come il precetto di Dio. Nessuno faccia, indipendentemente dal vescovo, nulla che sia attinente alla Chiesa. Sia ritenuta come valida quell'Eucarestia che è amministrata dal vescovo ο da un suo incaricato. Ove si presenta il vescovo, lì sia la moltitudine, come dov'è Gesù Cristo, là è la Chiesa universale. Non è permesso battezzare nè celebrare l'agape senza il vescovo: è accetto a Dio tutto quello che Egli approva: così sarà saldo e sicuro quel che fate.

IX. E ormai ragionevole riacquistare l'antica sobrietà, e finché ne abbiamo tempo, volgerci a Dio. E bene guardare con rispetto Dio e il vescovo, perchè chi onora il vescovo è onorato da Dio, mentre chi fa qualche cosa di nascosto del vescovo, è ministro del diavolo. Tutte le azioni vostre sovrabbondino di grazia; e ne siete ben degni. Mi avete confortato in tutti i modi: così Gesù Cristo conforti voi. Amatemi, lontano, come se fossi presente. Iddio ve ne rimunererà; chè tutto soffrendo per Lui, a Lui giungerete.

X. Ben faceste ad accogliere come diaconi di Cristo Dio, Filone e Reo Agatopodo, che mi hanno seguito per la causa di Dio. Essi rendon grazie al Signore per voi, perchè avete recato loro ogni conforto. Niente [di ciò che avete fatto per loro] sarà perduto per voi. Offro a Dio, in olocausto per voi, il mio spirito e le mie catene, che voi non avete disprezzato e delle quali non vi siete vergognati: voi, alla vostra volta, non sarete oggetto di vergogna per la fede perfetta, che è Gesù Cristo.

XI. La vostra preghiera è giunta fino alla Chiesa di Antiochia di Siria, d'onde io provengo prigioniero, di una prigionia a Dio graditissima; saluto tutti, io che non sono indegno di far parte di quella Comunità, essendo ultimo fra tutti. Tale onore mi fu conferito per la volontà di Dio, non perchè io fossi cosciente di meritarlo, ma per Sua grazia, che io imploro mi sia data perfetta, onde giungere a Dio mercè la vostra preghiera. Perchè, dunque, sia perfetta l'opera vostra, sulla terra e nel cielo, conviene, per l'onore di Dio, che la vostra Chiesa elegga un pio messaggero che si rechi in Siria a congratularsi con la Comunità per la pace di cui gode avendo ricuperato la propria grandezza e avendo visto ricostituito il proprio organismo. Perciò mi sembra lodevole iniziativa l'inviare uno dei vostri con una lettera, che vi unisca a loro nel glorificare la calma tornata per volontà di Dio, e il loro arrivo in porto ottenuto mercè la vostra preghiera. Essendo perfetti, abbiate pensieri perfetti. Dio è pronto ad elargirvi [le Sue grazie] se voi volete comportarvi degnamente.

XII. Vi saluta l'amore dei fratelli di Troade, d'onde vi scrivo a mezzo di Burro che voi m'inviaste per accompagnarmi insieme con gli Efesini fratelli vostri, e che mi è stato di gran conforto in tutto. E volesse il cielo che tutti lo imitassero, come modello nell’esercitare il ministero di Dio! Ma la grazia lo ricompenserà di tutto. Saluto il vescovo degno di Dio, il consiglio degli anziani a Lui caro, e i diaconi miei compagni nel servizio, e tutti, singolarmente e collettivamente, nel nome di Gesù Cristo, della Sua carne e del Suo sangue, della Sua passione e resurrezione, carnale e spirituale, nel nome dell'unione vostra con Dio. A voi grazia, misericordia, pace, tolleranza, per sempre!

XIII. Saluto le famiglie dei miei fratelli con le loro mogli e i figli, e le vergini chiamate vedove. State sani nella virtù dello spirito. Filone, che è qui con me, vi saluta. Saluto la casa di Tavia cui auguro di essere corroborata nella fede e nell'amore sia carnale che spirituale. Saluto Alce, nome amato, e Dafno l'incomparabile, Eutecno, e tutti uno dopo l'altro. Addio, nella grazia di Dio.

A POLICARPO

Ignazio, che ha nome anche Teoforo, a Policarpo, vescovo della Chiesa degli Smirnei, che, a sua volta, ha per vescovo Dio Padre e il Signore Gesù Cristo, moltissimi saluti.

I. Mentre lodo la tua mente a Dio devota, fondata come su una pietra incrollabile, rendo grazie a Dio per avermi concesso [di conoscere] il tuo santo volto; volesse il cielo ch'io potessi in Dio goder sempre di tal vista! Ti prego, in nome della grazia di cui sei stato rivestito, di accelerare la tua corsa e di raccomandare a tutti che pensino alla propria salvezza. Difendi l'onore del tuo posto con tutto lo zelo materiale e spirituale [di cui sei capace]; preoccupati dell'unione, cui nulla è preferibile. Sostieni i pesi di tutti, come il Signore sostiene te, tollera tutti con amore, come appunto fai. Attendi senza posa alla preghiera, chiedi una saggezza superiore a quella che possiedi; veglia con lo spirito insonne. Parla ai singoli secondo le consuetudini di Dio; porta le infermità di tutti, quale atleta perfetto. Dove la fatica è maggiore, grande è il guadagno.

II. Se ami i discepoli buoni non te ne verrà mercede; cerca invece di vincere colla dolcezza i più molesti. Non ogni piaga si cura col medesimo impiastro; vedi perciò di mitigare gli eccessi febbrili con impacchi blandi. Sii, in tutte le occasioni, astuto come il serpente, ma nello stesso tempo semplice come una colomba. Appunto per questo sei carnale e spirituale, perchè tu possa trattare con dolcezza tutto ciò che appare allo sguardo, mentre per le realtà invisibili devi chiedere che ti siano rivelate; così facendo, non mancherai di nulla e sovrabbonderai di ogni sorta di doni. I tempi ti chiamano al possesso di Dio con lo stesso ardore con cui i naviganti sospirano i venti, e l'uomo agitato dalla tempesta il porto. Sii sobrio come si conviene ad un atleta di Dio; posta ne sono l'incorruttibilità e la vita eterna, della cui realtà anche tu sei persuaso. Io e le mie catene, oggetto del tuo amore, siamo l'olocausto offerto per te al Signore in tutto.

III. Non ti lasciar intimorire da coloro che, pur avendo l'apparenza d'uomini degni di fede, vanno insegnando estranee dottrine; ma resta saldo come l'incudine quand'è percossa [dal martello]. E proprio di un atleta valoroso, l'esser battuto ma, pur vincere; e noi per la causa di Dio dobbiamo sopportar tutto, perchè Egli sopporti noi. Sii anche più zelante di quel che sei. Impara a conoscere i tempi; attendi Colui che è al disopra di ogni caducità, senza tempo, invisibile, ma fatto visibile per noi, impalpabile, impassibile, ma per noi divenuto passibile, Colui che tutto soffrì per noi.

IV. Bada che non siano trascurate le vedove; anzi, dopo il Signore, abbi cura di loro. Nulla si compia senza la Sua volontà, nè tu far nulla senza la volontà di Dio (e in realtà non lo fai). Sii costante. Fa' che si tengano più di frequente le adunanze; tu ricerca tutti singolarmente. Non essere altero con gli schiavi e le schiave; ma che neppur essi si gonfino di superbia; anzi che accrescano il loro zelo nel servire per la gloria di Dio, onde ottenere da Lui una libertà superiore. Non aspirino ad essere riscattati a spese della Comunità, per non diventare schiavi della cupidigia.

V. Evita i mestieri disonesti e fanne parola in pubblico. Dì alle mie sorelle che amino il Signore e siano contente dei loro mariti nella carne e nello spirito; parimente esorta i miei fratelli, nel nome di Gesù Cristo ad amare le loro mogli come il Signore ama la Chiesa. Se qualcuno vuol osservare la continenza in onore alla carne del Signore, lo faccia, ma senza vantarsene, chè se se ne vanta è perduto, e se si crede, per questo, da più del vescovo è finita per lui. Quanto poi a coloro, uomini e donne, che intendono contrarre matrimonio, conviene che la loro unione si compia col consenso del vescovo, perchè il matrimonio riesca secondo le leggi del Signore, e non secondo quelle della passione. Tutto si faccia in onore a Dio.

VI. Aderite al vescovo, se volete che Dio aderisca a voi. Io sono la vittima offerta per coloro che sono sottoposti al vescovo, ai presbiteri, ai diaconi, e voglia il cielo ch'io possa aver parte in Dio insieme con essi. Lavorate insieme, gli uni per gli altri, lottate insieme, insieme correte, soffrite, insieme addormentatevi per risorgere come ministri, consiglieri e servi di Dio. Cercate di piacere a Colui, alla cui milizia prestate servizio, e dalle cui mani riscuotete i vostri stipendi; che nessuno di voi sia trovato disertore. Il vostro battesimo sia il vostro scudo, la fede l'elmo, l'amore la lancia, la perseveranza l'armatura intiera; siano vostri depositi le vostre azioni, per poter poi riscuotere le somme che vi spettano. Siate longanimi gli uni verso gli altri come Dio lo è con voi. Oh, potessi godere sempre della vostra presenza!

VII. Poiché la Chiesa di Antiochia di Siria ha ricuperato la pace, come mi è stato riferito, grazie alle vostre preghiere, anch'io, libero per grazia di Dio, da preoccupazioni, mi sento più tranquillo: voglia il cielo ch'io possa giungere al possesso di Dio mediante la sofferenza, sì da esser trovato vostro discepolo, nel dì della resurrezione. E necessario, ο Policarpo in Dio beato, di adunare un venerando consesso, e di eleggere uno a voi caro e volenteroso, che potrà esser chiamato corridore di Dio; a questo conferire l'onore di recarsi in Siria a glorificare il vostro infaticabile amore per la gloria di Dio. Il Cristiano non è padrone di sè stesso, ma vive per Dio; se condurrete ad effetto una tale missione, farete opera degna di Dio e di voi. Ho fede nella grazia, che voi siete pronti ad un'opera buona attinente a Dio. Conóscendo il vostro ardente amore in armonia con la verità, vi ho esortato con una breve lettera.

VIII. Poiché non mi è stato possibile scrivere a tutte le chiese per l'ordine improvviso emanato dall'autorità, di partire da Troade alla volta di Neapoli, tu, in vece mia, fatto interpete della volontà di Dio, scriverai alle chiese più vicine ad Antiochia esortandole a comportarsi allo stesso modo; vale a dire, quelle che lo possono mandino dei messi, e le altre spediscano delle lettere per mezzo dei tuoi inviati così da ottenere, in quest'opera imperitura, quella gloria di cui sei degno. Saluto tutti a nome, ma specialmente la moglie di Eutropo con tutta la sua famiglia e quella dei suoi figli. Saluti ad Attalo, mio diletto; saluti a colui che riterrete degno di recarsi in Siria. La grazia sarà sempre con lui e con Policarpo che lo manda. Prego sempre per voi Gesù Cristo, nostro Dio, che vi fortifichi; possiate star saldi in Lui, nell'unione con Lui e col vescovo. Saluto Alce, nome a me caro. Salute a voi nel Signore.

Credits:

Matteo Tosi
Pina Di Giulio
Tania Mezzanotti
John McKenzie
Jean Gilles Kenley
David Chenet
Angie Tirelli Fernandez
Flerie Silleza
Davide Gilioli
Silleza Flerie Macatangay